Oggi abbiamo il grande piacere di intervistare la Dott.ssa Sara Garofalo, vincitrice del premio per la miglior tesi di Dottorato in Neuropsicologia 2017 conferito dalla Società Italiana di Neuropsicologia. Congratulazioni per la sua tesi e per questo prestigioso riconoscimento. Le andrebbe di presentarsi prima di tutto ai nostri lettori e farci comprendere di che cosa si è occupata nel suo lavoro di ricerca?
Con piacere. Durante il Dottorato di Ricerca mi sono occupata di un argomento classico in Psicologia, l’apprendimento per rinforzo, utilizzando tecniche sperimentali tipicamente neuroscientifiche. L’obiettivo è stato quello di studiare come il cervello risponde alla presenza di “premi” e “punizioni” (ossia, i rinforzi) nell’ambiente circostante e come tali risposte neurali si traducano in un adattamento del comportamento all’ambiente. Ad esempio, un’azione associata ad una conseguenza piacevole avrà più probabilità di essere ripetuta in futuro proprio perché ha permesso di raggiungere un obiettivo. Allo stesso modo, un’azione che porta a conseguenze spiacevoli verrà evitata in futuro. Ciò avviene grazie all’attivazione di complesse reti neurali, che connettono principalmente le aree frontali con parti più profonde del nostro cervello.
L’apprendimento per rinforzo non è l’unico modo in cui impariamo, ma è uno dei meccanismi più basilari. Accomuna gli esseri umani sia con le forme più semplici di intelligenza animale (l’Aplysia è una lumaca marina con soli 20000 neuroni e mostra questa forma di apprendimento), che con le più moderne forme di intelligenza artificiale.
I miei studi hanno contribuito a comprendere meglio i risvolti positivi e negativi di questa forma di apprendimento. In numerose sindromi neurologiche e psichiatriche, infatti, può verificarsi un’alterazione dei circuiti neurali alla base dell’apprendimento per rinforzo, determinando un comportamento disfunzionale. Un esempio classico è l’abuso di droghe.
L’avanzamento della conoscenza di tali meccanismi nel cervello sano e non, diventa quindi un contributo valido per prospettare nuove forme di prevenzione e cura.
In uno dei suoi ultimi lavori di ricerca si è occupata di un altro tema molto importante: la sclerosi multipla. Che cosa ha scoperto a riguardo?
Si, la Sclerosi Multipla è una malattia infiammatoria ed autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale. I problemi motori e sensitivi sono più evidenti in questa patologia e, di conseguenza, sono anche più studiati. Deficit di tipo cognitivo, invece, sono meno studiati ma comunque presenti nel quadro clinico. Ad esempio, si possono riscontrare problemi di memoria o un generale rallentamento nell’analisi delle informazioni, ma c’è ancora molto da comprendere sotto questo punto di vista. La ricerca in questione ha ipotizzato il coinvolgimento della Betamiloide (il maggior costituente delle cosiddette “placche amiloidi” presenti nella malattia di Alzheimer) nei deficit cognitivi che possono insorgere con la Sclerosi Multipla. Come Psicologa Cognitiva, attribuisco un grande valore allo studio delle capacità cognitive quali memoria, apprendimento o linguaggio in tutte le sindromi neurologiche e psichiatriche, in quanto il mancato funzionamento di queste può avere enormi ricadute sulla qualità della vita delle persone.
So che lei è appassionata di divulgazione scientifica, infatti ha collaborato anche a TED-Ed nella realizzazione di alcuni video divulgativi. In uno di questi ha trattato l’effetto dei farmaci sul cervello. Potrebbe spiegarci qualcosa a riguardo di questo affascinante argomento?
Si, sono sempre molto contenta di dedicare del tempo alla divulgazione scientifica. Credo che tutti gli scienziati, in qualche modo, abbiano il dovere di contribuire alla diffusione di informazioni scientifiche chiare e semplici, allo scopo di favorire una corretta circolazione delle informazioni. TED-Ed ha una missione specifica in questo senso, che riesce a realizzare in modo professionale ed efficace.
L’ultimo video che ho realizzato con loro ha trattato, come dicevi, l’argomento dell’effetto dei farmaci sul cervello. La maggior parte delle persone utilizza farmaci che hanno un effetto sulla nostra attività cerebrale, ma non è sempre chiaro come ciò possa avvenire. In questo breve video abbiamo cercato di spiegare le basi di questo meccanismo, sperando di invogliare ad un maggiore approfondimento dell’argomento.
Qual è secondo lei il futuro della ricerca in neuroscienze e quali sono le prospettive che si apriranno sempre di più sul piano della riabilitazione neuropsicologica?
E’ difficile rispondere a questa domanda perché le possibilità sono davvero infinite. Lo sviluppo delle neuroscienze sta rapidamente evolvendosi di pari passo con lo sviluppo tecnologico. Cose che fino a 50 anni fa sembravano fantascienza, oggi costituiscono gli strumenti di base di un neuroscienziato. Oggi è possibile osservare “in diretta” l’attività cerebrale di una persona ed è possibile modificarla usando innocue stimolazioni magnetiche o elettriche. Agenti radioattivi posso essere legati a farmaci di cui, una volta assunti, se ne potrà tracciare l’esatta diffusione nel corpo. La semplice luce può essere utilizzata per modulare l’attività di neuroni geneticamente modificati per essere foto-sensitivi. La realtà virtuale è sempre più utilizzata come strumento di riabilitazione, così come le interazioni uomo-macchina. C’è un’enorme potenzialità tecnologica nel futuro della riabilitazione neuropsicologica e delle neuroscienze. Sarà compito degli esperti del settore quello di porsi le domande giuste per migliorare la qualità delle cure che si possono offrire. Tutto questo dovrà essere accompagnato da un’attenta riflessione sui principi di neuro-etica che si stanno diffondendo sempre di più
Grazie alla Dott.ssa Sara Garofalo per l’intervista che ci ha concesso.